Oggi voglio partire da un articolo apparso su “Il Sole 24 Ore” lo scorso febbraio. Già nelle prime righe vi è un’affermazione molto forte: «Uno degli elementi più paradossali della cultura del lavoro in Italia è che la competenza professionale trasversalmente più richiesta, quella commerciale, sia anche quella più negletta».
Due affermazioni importanti:
1. la competenza professionale più richiesta è quella del venditore;
2. contemporaneamente è anche la competenza meno valutata, quasi disprezzata.
L’articolo continua dicendo che: «Il neolaureato storce il naso se gli viene proposto un ruolo nelle vendite, l’avvocato storce il naso se gli viene detto che deve impegnarsi a trovare nuovi clienti, il bancario storce il naso se gli viene detto che alla cassa deve convincere il signor Rossi a stipulare una nuova polizza». In molti colloqui, con un malcelato orgoglio etico e intellettuale, il candidato ammette: «Vendere non fa per me».
E tutto questo perché? Perché l’immagine comune del venditore è quella di un piazzista, un mix di furbizia, superficialità, pedanteria.
Oppure, in alternativa, sempre citando il testo del quotidiano: «quella di un uomo con l’abito liso e le scarpe consumate che apre una valigetta ed estrae la brochure, aggrappato alla precaria sorte dei suoi contratti».
Possiamo affermare di ritrovarci tutti, noi uomini di vendita, in queste definizioni? Ecco, però un passo fondamentale dell’articolo in questione.
«[…] la competizione globale, le nuove tecnologie e la diffusione planetaria delle informazioni stanno trasformando sempre di più le economie sviluppate in economie di servizi ad alta personalizzazione, in cui le aziende competono soprattutto attraverso la ricerca di un rapporto unico e personale con i loro clienti, un rapporto che passa attraverso le capacità di chi presidia il mercato. In questo scenario il mercato del lavoro continuerà a perdere operai, tecnici, «confezionatori di prodotto» e chiederà sempre più addetti e competenze commerciali».
Vero, verissimo: chi sa vendere in modo professionale è e sarà sempre più richiesto dal mercato!
Anche i liberi professionisti, una volta al riparo dalla spietata competizione di mercato, oggi per affermarsi sono chiamati a coniugare competenze tecniche e competenze commerciali. Negli USA la professione del venditore è apprezzata e rispettata. Noi Italiani, invece, abbiamo queste remore culturali che ci frenano nello sviluppare delle competenze commerciali all’altezza delle esigenze crescenti.
Quali sono le barriere da superare?
Il primo nemico è un pregiudizio etico. Etica e successo commerciale, nel sentire comune, sono diffusamente percepite come entità tra loro contrapposte.
Il giornalista afferma che «Le culture derivate dal socialismo e da un certo pauperismo di matrice religiosa hanno determinato una sorta di complesso di colpa collettivo: creare ricchezza significa sottrarla a qualcun altro».Noi, invece, siamo convinti che vendere un prodotto o un servizio, da un semplice gelato a un’azienda, significhi anche benessere collettivo, progresso, realizzazione di piaceri e passioni, progetti personali.
Il secondo nemico è un pregiudizio intellettuale
Il venditore è un piazzista. Il direttore marketing è un intellettuale, il direttore vendite un furbetto. Noi siamo convinti che dietro ogni storia di successo ci siano le competenze commerciali. Qualunque innovazione, anche geniale, se non venduta correttamente non genera fatturato.
Il commerciale del terzo millennio lavora in un contesto di complessità del prodotto, ambiente molto competitivo, clientela informata. E dunque ha ragione di esistere solo dove può fare la differenza, diventando parte integrante del processo con la sua preparazione, la sua curiosità capacità, la sua Autorevolezza. Vedi, a tale proposito, l’articolo Vendere valore: l’importanza della differenza.
Il terzo nemico è un limite psicologico
È il nemico più subdolo da sconfiggere: la paura del NO. Vendere non piace perché l’essenza emotiva dell’attività di vendita sta nella gestione della paura di sentirsi respinti. Nella proposta di un bene o di un servizio a un altro essere umano ci si espone alla possibilità che l’interlocutore dica no, alla possibilità che opponga un rifiuto. Gestire il no è la grande sfida del venditore.
E come ci si può aiutare? Sicuramente diventando più preparati, lavorando sodo per incrementare le nostre competenze commerciali e professionali.
PIÙ si è Autorevoli e MENO no si ricevono.
C’è. tuttavia. anche un approccio psicologico su cui lavorare, facendo in modo che il rifiuto non riguardi noi, come persona, ma semplicemente il prodotto/servizio da noi proposto.
La vocazione commerciale
Tutti questi pregiudizi esistenti sono generati anche da chi esercita questa professione, è bene chiarirlo e accettarlo. Chi non conosce piazzisti venditori di fumo o commercianti poco trasparenti? Vanna Marchi ne è l’emblema più famoso. Questa, però, non è la realtà quotidiana di tanti, tantissimi professionisti seri e onesti, che tutti i giorni si impegnano, con costanza e determinazione, a proporre una soluzione ai bisogni dei clienti.
Tuttavia tali pregiudizi, a livello inconscio, creano le cosiddette “credenze limitanti”, che condizionano la nostra performance commerciale. Vedi il mio articolo Le migliori tecniche di gestione delle obiezioni.
Nessuno può ottenere buoni risultati facendo qualcosa in cui non crede o, peggio, essendo qualcuno che non vuole essere!
Per prima cosa questo condizionamento va superato, dobbiamo sentirci Venditori, con la V maiuscola. Ed essere fieri di questa bellissima professione!
Inoltre, come giustamente scrive l’autore dell’articolo «ricordiamoci che la vocazione commerciale, che è parte costitutiva e qualificante della nostra vocazione imprenditoriale, ce l’abbiamo nel DNA. Guardiamo alla nostra storia economica, ma guardiamo anche ai giochi dei nostri figli o di quando eravamo noi bambini: fare i conti alla cassa, allestire mercatini, confezionare prodotti per i genitori e gli amichetti, alla ricerca di questa o quella ricompensa».
Quindi, in attesa di un cambiamento culturale che valorizzi maggiormente l’attività commerciale, diamo il nostro contributo. Rilanciamo i valori etici e intellettuali della figura del venditore: aumentiamo le nostre competenze commerciali e diventiamo sempre più dei Venditori Autorevoli .