di Francesca Luciani
“Sono un commerciale”
“Sono un seller”
“Sono un consulente”
“Sono un fornitore”
Mille definizioni per non dire quell’unica cosa che sei: un venditore.
Sono un venditore, o venditrice, comunque vendo. Sono e non faccio, ci tengo a precisarlo. L’uomo è un’animale sociale, deve vivere insieme agli altri per sopravvivere: il rapporto con i suoi simili è un continuo scambio di beni, economici e affettivi. Vende, vende in continuazione e in continuazione compra.
Il bimbo che piange ti vende inconsapevolmente il suo starsene tranquillo per il gioco che ha adocchiato, tu gli dai il gioco (bene A) lui smette di piangere (bene B). Un quotidiano dare e avere che ci permette di avanzare nella nostra vita, ma lo accettiamo solo se non introduciamo in questo smercio i soldi.
Per capire da dove ci arriva il ribrezzo per la parola “venditore”, dobbiamo partire proprio dai soldi.
Abbiamo un rapporto bipolare con i soldi: li vogliamo perché ci permettono di comprare cibo e altri oggetti funzionali alla nostra vita e, allo stesso tempo, li vediamo sporchi.
Chi lavora per soldi è un venale senza morale. I venditori “lo fanno per soldi”, ma la verità è che anche l’ultimo degli operai lavora per soldi, vende le sue competenze per denaro. L’operaio però ha un “padrone”, allora quel compenso gli è dovuto perché privato della libertà lavorativa; chi, invece, lavora per sé e quindi è libero dalle presunte catene che cingono i polsi dei dipendenti, allora è uno che lo fa solo per soldi, gli sporchi soldi che ruba in cambio di qualcosa che non vale quanto il denaro ricevuto. Non vedete il bipolarismo?
Nell’immaginario comune siamo quelli nati con la parlantina che tentano costantemente di fregarti, di ammollarti qualcosa di cui non hai bisogno SOLO per vendere, ci vedono bussare ad ogni porta con un folletto in grembo da piazzare nello stanzino delle scope di qualche casalinga, incapace di rifiutare le nostre avances interessate.
C’è un termine che mette un Gran Canyon tra venditore e quell’essere che bussa a freddo ed è piazzista. Piazzare è una cosa, vendere è altro.
Piazzare è non interessarsi minimamente del bisogno dei clienti, chiudere il contratto cavalcando anche l’incapacità delle persone di dire NO, utilizzare le armi della persuasione come coltelli per strappare le tasche dei clienti e abbeverarsi con i loro soldi. Basta chiudere contratti, il resto non è affare del piazzista.
Vendere è lo scambio di due beni di pari valore, è l’orgasmo in due, è uscire dalla stanza soddisfatti allo stesso modo, io contando i soldi, tu per aver colmato una necessità.
Cosa c’è di purulento in tutto questo?
Un pregiudizio trascinato nel tempo che ci ha portato a coniare nuovi termini, a dissimulare, a spiegare che no, non siamo quei venditori lì, ma il punto è proprio questo: “quei venditori lì” si chiamano piazzisti e lo so, sono ovunque. Ma la colpa di chi è?
Delle aziende che affidano le vendite al ragazzino in cerca del lavoretto, lo ficcano in un vestito elegante, gli ammollano un campione, un plico e lo mandano a farsi pelare dai clienti che non sono minimamente interessati, vedendolo più come una piattola che come una risorsa.
Ma la colpa è anche nostra.
Strizziamo il naso quando dobbiamo ammettere di essere venditori e non consideriamo nemmeno per mezzo secondo che ogni cosa rivolta verso gli altri è una trattativa di vendita, anche sorridere per strada: ti sorrido così tu non ti poni male nei miei confronti, ti do questo in cambio di quello.
Vendere fa parte del set chiamato “istinto di sopravvivenza”. Le interazioni sociali sono tutte un atto di vendita. Se leggendo questo ti scandalizzi e pensi “no, io non sono così, io non sono venale, io non vendo sorrisi” ecc. è semplicemente perché forse, oltre a vedere la vendita come una cosa da persone squallide, guardi storto pure i soldi.
Allora c’è un problema. Almeno in questa società, anzi no, in tutte, perché non esiste una società, da Wall Street a quella aborigena dell’Australia, che non fa scambi commerciali: chi in cambio di soldi, chi in cambio di canguri da farsi alla brace.
La vendita non è un atto sporco. I soldi che ne conseguono, nemmeno.
Pensaci la prossima volta che sfogli il libro mentale dei sinonimi per non dire quell’unica cosa che sei: un venditore.
11 thoughts to “Non sono un Consulente. Sono un Venditore.”
Sono interessato
Gent.ma Sig.a Luciani, ho letto il suo articolo. Condivido e confermo il pensiero che lo sostiene. Sono l’autore di un libro che uscirà ad aprile che è centrato sulla figura e sul ruolo del venditore/e : alcune anticipazioni le trova nella rubrica sale Puzzle di questo stesso portale.
Vorrei conoscerla e farmi conoscere oltre a condividere pensiero e azione. Mi cerchi: i miei riferimenti li trova anche su linkedin.
Grazie. Cordialità a lei e a tutti i lettori di AAAgents
Very, VERY, V E R Y interesting…
VIVERE E’ UNA VENDITA CONTINUA ….. IL BRUTTO E’ CHE A VOLTE CI VENDIAMO A NOI STESSI CERCANDO PURE DI MENTIRE!!! SCHERZI A PARTE QUANTO SCRITTO SOPRA E’ VERITA’ ASSOLUTA. PRIMA LA CAPISCI MEGLIO E’ A PRESCINDERE DAL LAVORO CHE FAI!!!
Recentemente ho avuto un colloquio con una certa agenzia di selezione del personale che aveva pubblicato un annuncio per la ricerca di agenti di commercio. La tizia che mi intervistava ha parlato per mezz’ora cercando di spiegare che non stavano cercando “venditori” ma “consulenti”. Al termine della tiritera ho salutato gentilmente e me ne sono andato: non volevo perdere tempo.
Buongiorno Sig.ra Luciani, purtroppo non sono d’accordo con Lei già dal titolo; Oggi il nostro lavoro è un lavoro molto da Consulente oltreché da Venditore, a mio personale avviso oggi dobbiamo essere Consulenti sia verso le aziende che verso i Clienti E PER POTERLO FARE dobbiamo conoscere in maniera approfondita il nostro contesto che oramai è sempre più articolato e mutevole.
Per poter usufruire delle nostre capacità di venditori dobbiamo essere sempre più consapevoli delle dinamiche da cui scaturiscono i scenari in cui ci muoviamo.
Per poterlo fare bisogna uscire dalla favola della sola passione o di essere “portati” per la vendita, bisogna entrare nella realtà di oggi preparati, le cose sono cambiate e cambieranno sempre più velocemente, se vogliamo essere “adeguati” a questo nuovo stato di cose bisogna PROFESSIONALIZZARCI .
Professionalizzarci significa studio, applicazione ANTE o DURANTE il lavoro.
Consiglio a tutti i colleghi che vogliono continuare con maggiore sicurezza vs il sempre più complesso futuro o a tutti i giovani che vogliono approcciarsi a questa PROFESSIONE di farlo con delle basi culturali serie, che ci consentano anche di essere Consulenti e non solo Venditori.
Il discorso sui Piazzisti piuttosto che quello legato al denaro sono solo digressioni che non aiutano a inquadrare bene il TEMA.
Ci sono percorsi formativi molto seri come quello fornito dall’Università di Teramo e probabilmente ce ne sono altri all’estero. LINGUE e CULTURA questo è il futuro dal mio punto di vista. Ciao a tutti.
Ma certo Massimiliano, questa è la strada. Credo che Francesca sia allineata a questo pensiero. Ma chi meglio di lei – autrice dell’articolo – possa riallineare i pensieri. In attesa e con cordialità
Cagaten!!!! Io sono un venditore purosangue ( e anche molto bravo, grazie a Dio ) e me ne sono sempre vantato. La figura del consulente, cari mie, è utile per matrimoni in crisi o situazioni equivalenti. Poi, chi vogliate che ci tenga ad ascoltare i vostri consigli????’ ( ma chi diamine volete che vi tenga cosi in considerazione? ) Un venditore non fa il venditore, lo è. Io vendo la mia immagine, la mia forza persuasiva, i miei piani marketing, la mia forza. Posiziono prima me stesso e poi se mi va anche il prodotto/servizio. E che gli altri non abbiano l’ ardire di farlo in ogni situazione, non è che un vantaggio concesso a chi come me, bada solo all’ obiettivo. Del resto, chiunque voglia arrivare a realizzare i suoi desideri, non ha altri mezzi che mantenere il focus alto!!!! A proposito, a differenza di quanto chiesto dal collega, autore del libro…..vi prego, non mi cercate, sono impegnato al tavolo delle trattative. Gioite; la vita è bella. Ad Maiora Semper
Ma certo: il Suo successo fa eco alla Sua storia e al Suo talento. Il Suo puro-sangue onora la Sua bravura. Proprio per questo, se ogni tanto “noi” ci confrontiamo, non si soffermi sui nostri pensieri … rimanga impegnato al tavolo delle trattative . Se poi vuole, ci renda partecipi dei suoi successi. Noi, non vogliamo “dare consigli”, bensì umilmente-nel confronto – impariamo sempre. Qui sta la gioia e la bellezza del vivere. Cordialità
Ma certo: il Suo successo fa eco alla Sua storia e al Suo talento. Il Suo puro-sangue onora la Sua bravura. Proprio per questo, se ogni tanto “noi” ci confrontiamo, non si soffermi sui nostri pensieri … rimanga impegnato al tavolo delle trattative . Se poi vuole, ci renda partecipi dei suoi successi. Noi, non vogliamo “dare consigli”, bensì umilmente-nel confronto – impariamo sempre. Qui sta la gioia e la bellezza del vivere. Cordialità
Sig.a Francesca Luciani, le rinnovo i miei riconoscimenti per l’articolo scritto meritevole di riflessione. Seppur a distanza di tempo ,rinnovo il desiderio di conoscerla e farmi conoscere per il modo con cui coglie l’essenza del nostro prossimo futuro e la sottopone al nostro libero e garbato modo di vedere e pensare. A presto. Cominetti B. Eliano
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