Nel corso del rapporto di agenzia, sovente accade che Casa Mandante, in via assolutamente arbitraria ed unilaterale, provveda a modificare l’accordo negoziale siglato tra le parti andando ad incidere sul contenuto economico del rapporto, modificando (sovente in peius) le aliquote provvigionali.
Orbene, nel nostro ordinamento il contratto non è altro che l’incontro della manifestazione di volontà di due parti (nel caso di specie Agente / Preponente) che determina, quindi, la cristallizzazione del rapporto giuridico.
In linea di principio, quindi, ogni modifica contrattuale dovrebbe essere apportata per iscritto. Tuttavia, alcuni recenti orientamenti giurisprudenziali pongono dei dubbi interpretativi in tal senso. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bologna (n. 1484/14) ci offre la possibilità di intraprendere il discorso legato alle modifiche provvigionali attuate, ad opera della Casa Mandante, in una misura diversa da quella espressamente e specificamente concordata nel mandato originario e con modalità diverse rispetto a quelle prescritte dagli AEC di riferimento.
Occorre chiedersi, quindi: le variazioni provvigionali debbono essere contenute a pena di nullità in un accordo modificativo scritto (forma scritta ad substantiam) o possono risultare anche da facta concludentia tra le parti ?
Una breve esegesi delle pronunce giurisprudenziali può essere utile per comprendere come interpretare tale problematica; già 1999 la Corte di Cassazione ( sent. N. 8053/99) affermava che : …”in assenza di limiti contrattuali, la modifica della misura della provvigione (….) poteva essere validamente convenuta con forma non scritta e provata per facta concludentia” . Tale pronuncia si appalesa chiaramente sfavorevole per l’Agente, al quale sembra preclusa ogni opportunità di trattativa contrattuale, subendo, di fatto, una variazione dell’accordo negoziale originario in modo passivo.
Tali “limiti contrattuali” venivano richiamati nella successiva sent. Cass. del 2009, in cui veniva stabilito che il tacito patto è nullo per difetto di forma ai sensi del combinato disposto degli artt. 1352 e 1418 c.c., qualora all’interno del contratto di agenzia sia inserita la clausola secondo la quale ogni modifica dovrà risultare da atto sottoscritto dalle parti.
Ritengo che stante la posizione di contraente più debole dell’agente di commercio nella sua qualità di persona fisica, le modifiche contrattuali non possano avvenire per fatti concludenti ma dovrebbero realizzarsi in forma scritta in ossequio alle norme previste agli AEC di categoria, in modo da garantire un equilibrio contrattuale – seppur formale – tra le parti, vale a dire Agente e Casa Mandante.
Ribadendo ed invitando ancora una volta gli agenti a ben ponderare il peso di una variazione contrattuale unilaterale operata da Casa Mandante non solo nell’immediato ma anche in ottica prospettica, caldeggio vivamente di non sottoscrivere alcun documento e/o di non intraprendere alcuna iniziativa personale se non dopo essersi rivolti ad un legale esperto in materia.